Aiutano a comprendere i meccanismi decisionali, dal campo dei consumi a quello del management. Oggi proliferano in tutti i campi della quotidianità e delle professioni.
Tempo fa, un noto neurobiologo britannico, Steven Rose, aveva previsto che il XXI secolo sarebbe stato il Secolo del Cervello. In effetti grazie alle neuroscienze, ovvero quegli studi che permettono di conoscere meglio il funzionamento del nostro sistema cerebrale con tecnologie avanzate come la risonanza magnetica (fRMI) o gli elettroencefalogrammi (Eeg), la conoscenza precisa dei meccanismi psicofisiologici e biologici è cresciuta enormemente. Oggi conosciamo meglio il funzionamento cerebrale e comprendiamo più approfonditamente quali sono i meccanismi che guidano le nostre decisioni e quindi i comportamenti. Ovviamente siamo ancora all’inizio. Benché la conoscenza sul funzionamento cerebrale sia ormai ampia e complessa, l’investimento di grosse cifre per gli studi di mapping cerebrale, come per esempio quelli relativi al progetto Human Brain Project di Henry Markram del Politecnico di Losanna, testimoniano al contempo un grande interesse e l’esigenza di saperne di più.
Intanto sempre più spesso ci affidiamo alle neuroscienze per comprendere i meccanismi decisionali, per esempio nel campo dei consumi (si chiama neuromarketing) o per cogliere gli elementi più funzionali della relazione capo-collaboratore (in questo caso siamo nel campo del neuromanagement). A fronte di una sempre più ricca mole di studi nel campo delle applicazioni neuroscientifiche nella vita quotidiana e professionale, e del rischio di un’eccessiva banalizzazione delle notizie sul “controllo dei cervelli”, si inaugura questa rubrica per discutere delle reali applicazioni che le neuroscienze permettono di svolgere nello studio e nella comprensione dei comportamenti umani, e in particolare dei processi di consumo. L’idea nasce dal proliferare di applicazioni delle neuroscienze in tutti i campi della quotidianità e delle professioni.
ANALIZZARE LE EMOZIONI E IL PENSIERO CHE PROVOCANO
Oggi si parla di neuromarketing per studiare le emozioni che sottostanno ai processi decisionali e di acquisto, o di valutazione dell’efficacia pubblicitaria. Di neuromanagement facendo riferimento a tutte quelle applicazioni nel campo dello studio dei processi relazionali nei contesti di lavoro che si servono delle più recenti scoperte sul funzionamento cerebrale per un loro miglioramento. Si fa riferimento al neurocinema per indicare tutti quei lavori finalizzati allo studio emozionale del rapporto tra spettatore e stimolo televisivo o cinematografico con tecniche neuropsicofisiologiche. Si pensi per esempio alla misurazione dell’efficacia attrattiva che devono avere i primi 4-6 secondi di un trailer su una pagina web. E ancora, possiamo fare riferimento alla neuroestetica, ovvero quella scienza che studia con tecniche neuroscientifiche l’effetto emozionale misurato su un visitatore in un museo mentre osserva un’opera d’arte o per valutare la capacità delle legende di potere essere viste e lette correttamente e facilmente. Senza dimenticare il consolidato filone di neuroeconomia e la neurofinanza che intendono applicare i modelli dell’economia cognitiva alle situazioni controllate tipiche delle neuroscienze, per tentare di colmare lo scarto esplicativo tra attività cerebrale e varie forme di comportamento economico osservabile. Si tratta di un corposo filone di ricerca realizzato anche mediante tecniche di fMRI per studiare i correlati neurali dell’empatia e del rimpianto, il funzionamento dei processi di apprendimento sociale e di propensione al rischio, l’avversione alle perdite o ancora la relazione tra rischio e rendimento in ambito finanziario.
IL MODELLO RAZIONALISTICO VA SUPERATO
Insomma, le neuroscienze, insieme alle scienze comportamentali, ci permettono di capire meglio come funzioniamo e di “guidare” i comportamenti dei consumatori verso specifiche mete, studiando i limiti cognitivi e i condizionamenti emotivi che stanno alla base dei nostri comportamenti quotidiani. Non si tratta comunque di una grande novità. In effetti dagli Anni 70 in poi gli studi di economia comportamentale e le neuroscienze hanno dimostrato che gli esseri umani, lungi dall’essere esclusivamente razionali, si lasciano guidare dalle dinamiche affettive nei processi decisionali, razionalizzando e giustificando con la ragione ciò che è stato in realtà scelto e preferito con l’emozione.